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La Storia Di A.S.

La storia di A.S.

“Svegliarsi una mattina al centro della terra…” faceva così una vecchia canzone. È esattamente quello che è successo a noi, una mattina qualunque.

Sono la moglie di un malato di SARCOIDOSI e da quando l’abbiamo scoperta, questa malattia ci ha letteralmente cambiato la vita.

 Nell’aprile del 2010, un giorno mio marito si svegliò con forti dolori alle gambe: è da lì che iniziò il nostro calvario. La prima assurda difficoltà è stata quella di convincere i medici, che non credevano nei suoi malesseri ed erano riluttanti a ricoverarlo, ad accertare di cosa si trattasse. Mai in vita mia ho provato la sensazione che il mondo mi stesse crollando addosso, lui stava sempre peggio e io stavo là, vicino a lui e non potevo fare nulla. 
Dopo tanti tentativi e innumerevoli analisi (alcune penso anche inutili) un giorno il dottore del reparto ci chiamò e ci disse di stare tranquilli che non si trattava del “male del secolo”, ma “solo” di Sarcoidosi, una malattia di cui non si conosce la causa e la cura, ma che permette di vivere nella “normalità” perché “di Sarcoidosi non è mai morto nessuno”.

Ricordo i giorni a seguire come pieni di gioia, perché lui era con me, era tornato a casa; non eravamo mai stati un giorno lontani da quando ci siamo conosciuti. Lui è sempre stato una persona protettiva, io al suo fianco sono sempre stata coccolata e molto amata ma, più passavano i giorni e lui iniziava a prendere i farmaci, più io notavo un cambiamento nel suo modo di comportarsi. Pensavo, tra me e me, che forse era il forte dolore che aveva nel corpo a renderlo irascibile, nervoso, a fargli perdere spesso la pazienza, invece non era solo quello, erano quei maledetti farmaci che lo rendevano così. 
Passavano i giorni volevo a tutti i costi riavere indietro mio marito. Spesso, quando ero molto triste e piangevo, chiedevo a Dio di farmi ritornare l’uomo che sempre mi era stato accanto. Tutto quello che facevamo prima, ora non sembrava più possibile. Mi tornavano in mente le parole del medico “vivete nella normalità”. Ma qual era per lui la normalità? 
La normalità di fare in fretta le scale con le buste della spesa, mentre parcheggiava l’auto, perché non si accorgesse che avevo già portato tutto su da sola? La normalità di fermarsi di continuo per strada perché non ce la faceva a camminare per molto tempo? La normalità di sentire, quando si alzava la mattina, che non ce la faceva più dai dolori che lo assalivano? Era forse questo?

Io sono sempre stata una persona caparbia, in vita mia difficilmente mi sono arresa, sono sempre andata fino in fondo alle cose, sapendo che, se si è toccato il fondo, poi si può solo risalire. Anche in questa malattia ho da subito cercato di capire da internet di cosa si trattasse e a chi ci si potesse rivolgere per curarsi. Lo stesso ho fatto visitando le pagine di Facebook.  
Ho conosciuto una persona che si trovava in vacanza nella mia regione. L’ho incontrata in un momento difficile della mia vita: avevo appena perso mia madre e non ero nemmeno potuta andare al suo funerale, perché mio marito era in ospedale. Con lei c’è stata subito un’intesa, siamo diventate amiche, ci siamo ripromesse di cercare di fare qualcosa e lei aveva saputo che a Bologna il Dr Filippo Martone, aveva intenzione di creare un gruppo, per aiutare tutti i malati a non essere più soli in questa malattia.

Eccola la parola chiave: SOLI. Eravamo soli ormai da troppo tempo, soli e emarginati da tutti.

 Mio marito non lavora più ed io ero e sono l’unico sostegno per la nostra famiglia; abbiamo un figlio di 27 anni e vogliamo che viva senza l’incubo di avere un papà malato a soli 50 anni, per questo abbiamo scelto di parlare il meno possibile di questa malattia.

 Così, una mattina di dicembre 2010, sotto la neve che cadeva abbondante, siamo stati nello studio dentistico del Dr. Filippo Martone a Bologna, eravamo in pochi, ma tutti con una forza e una determinazione enorme. Da quel giorno, non ci siamo più sentiti “SOLI”. 

E’ trascorso tempo da allora, oggi l’Associazione non è più solo un sogno. Alla 1° assemblea generale abbiamo conosciuto persone meravigliose, che leggevo solo nei loro commenti su Facebook e l’emozione nel vederli è stata enorme.

 Anche mio marito, che prima rifiutava letteralmente di entrare in Facebook, dopo quell’incontro ha cominciato a fare qualcosa per costruire insieme una rete d’informazione attraverso annunci, la distribuzione di volantini, a parlarne con le persone e questo lo ha reso più forte, perché non si sente più solo. 

In questa associazione ho conosciuto una gran donna, una persona davvero speciale, anche se per il momento ci sentiamo e non ci siamo ancora viste, mi ha fatto capire che io sono forte e ho un uomo da curare e che invece lei è sola e deve fare tutto da sola, e in questo mi ha fatto sentire fortunata. Quando ci sentiamo o ci scriviamo, ha sempre una parola dolce per me e mette in evidenza le mie qualità, cosa difficile da trovare nel quotidiano, con gente che vuole solo schiacciarti e renderti invisibile. La ringrazio pubblicamente, perché mi ha fatto capire che i miei non sono “problemi” e, come le ho promesso, nel mio piccolo, cercherò di portare la sua storia alle Autorità, per cercare di alleviare le sue sofferenze.

 Ci siamo dovuti spostare dalla nostra regione per raggiungere un centro specializzato fuori e per avere delle cure più efficaci e delle analisi che qui non eseguono. Siamo andati a Siena e anche in quest’occasione, grazie all’associazione, ho conosciuto due amici che definisco unici, perché ogni volta che li incontriamo, leggo nei loro occhi la gioia di rivederci e di offrirci la propria immensa ospitalità.

Oggi, nella nostra vita di tutti i giorni, ci stiamo dando da fare e la soddisfazione più grande è quella di vedere come in poco tempo, solo parlando con la gente, si sia ottenuto un riscontro positivo, in tanti ci dicono che siamo i testimoni più autentici, purtroppo, di questa malattia, perché dai nostri occhi traspare prima di tutto l’amore che abbiamo l’uno dell’altro e la voglia di crederci, che un giorno tutto quello che ora stiamo seminando, darà i suoi frutti. Ci stanno aiutando in tanti e anche in quest’occasione abbiamo visto che solo facendo, si ottiene qualcosa.

 Sono sicura che un giorno, le persone malate di Sarcoidosi, potranno avere l’esenzione ticket indipendentemente da dove risiedano; potranno vedersi riconosciuto il diritto all’invalidità; ci saranno più ricercatori che si impegnano per trovare una cura. Alla fine tutti possiamo dare una mano, anche chi non è malato. Una mano preziosa per arrivare alle Istituzioni.

 Ho iniziato questa storia dicendo ”Svegliarsi una mattina al centro della terra” e così la voglio terminare “Svegliarsi una mattina al centro della terra, e ritrovarmi accanto l’uomo che era prima”.



A.S.

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