
La Storia di Fausto
Ciao, mi chiamo Fausto, ho 42 anni e sono toscano. La mia vita è stata segnata dai problemi di salute fin da quando ero un adolescente; facevo una vita normalissima, di campagna, attiva e praticavo sport quando poi una presunta banalità ha cambiato tutto. Per sempre. Avevo la pressione arteriosa moderatamente alta. Era una cosa strana per l’età. Ho iniziato quindi prestissimo a frequentare gli ospedali, a sedici anni mi hanno diagnosticato un importante patologia cardiaca congenita (restringimento aorta discendente e valvola aortica malformata). A causa di questo, negli anni mi sono sottoposto a tre interventi cardio-chirurgici due dei quali a cuore aperto: 1989, 1998 e 2011. L’ultimo intervento è stato il più tremendo, un endocardite batterica mi aveva attaccato e distrutto la protesi biologica dell’arco aortico, ho fatto circa 10 ore di sala operatoria, nei giorni subito successivi ho avuto tre arresti cardiaci improvvisi per fibrillazione ventricolare (sulle sensazioni avute durante lo stato d’incoscienza potrei scrivere molto), ho passato tantissimi giorni tra rianimazione e terapia intensiva, dipendo tutt’oggi al 100 % da uno stimolatore cardiaco impiantato, dovrò fare una terapia anticoagulante a vita…….
Poi finalmente, gradualmente, con piccoli passi, mi sono rialzato. Dopo due mesi di degenza quando tutto sembrava andare per il meglio, una banale tac di controllo fatta prima del trasferimento in una struttura specializzata in riabilitazione, ha evidenziato nel mio torace numerosi linfonodi ingrossati. I medici collegavano questa cosa ai postumi infiammatori dell’endocardite ma, nonostante una forte terapia antibiotica e successivamente cortisonica, le dimensioni dei linfonodi restavano invariate. Fortunatamente i medici del reparto cardiologico non mi hanno abbandonato e si sono adoperati affinché il caso fosse analizzato dai loro colleghi delle malattie infettive. Attraverso questa nuova struttura ho fatto moltissimi esami (tra cui vari tipi di TAC, prelievo del midollo osseo, ecografie, consulenze ematologiche, ecc.) ma non è emerso niente a parte la stazionarietà della morfologia e del metabolismo dei linfonodi; ad un certo punto mi hanno parlato anche di sarcoidosi ma uno specifico esame del sangue era risultato essere nella norma.
Durante questo periodo mi sono cominciato a rendere conto però che la mia vita era cambiata in peggio: ero sempre stanco, al minimo sforzo mi mancava subito l’aria, avevo le caviglie perennemente gonfie; ma anche altri aspetti della vita erano cambiati a causa del defibrillatore tipo, le cure dentarie (nessun dentista si voleva prendere certe responsabilità), andare in banca (dovevo far disattivare gli allarmi per entrare), stare lontano dai campi magnetici (cellulari, alternatori, saldatrici, elettrodomestici, macchinari). Anche la diagnosi della sarcoidosi ha subito ritardo a causa di questo: era troppo rischioso su un caso come il mio fare una biopsia nel mediastino. Poi finalmente nel 2014 mi hanno trovato un linfonodo ingrossato sull’inguine sx; questo era ovviamente molto più accessibile e facilmente asportabile; dopo il prelievo, la successiva indagine istologica ha dato un esito certo ovvero sarcoidosi. Apparentemente la malattia sembrava essere asintomatica e per questo non mi fu prescritta nessuna terapia, tuttavia per me era comunque molto difficile capire se e come la sarcoidosi influisse sui sintomi che ho già descritto. Nello stesso periodo poi però è successa una cosa che ha peggiorato ulteriormente e drasticamente la situazione, mi ha colpito un nemico silenzioso, subdolo, malvagio, infame, spietato: la depressione. Vivevo d’inerzia, avrei voluto soltanto dormire, non avevo iniziativa, sono arrivato a non sopportare più né moglie né figli, volevo stare solo, ho mantenuto con fatica il posto di lavoro, sarei voluto fuggire lontano da tutto e tutti ed aspettare solitario la morte, ho meditato il suicidio (anche se probabilmente mi sarebbe mancato il coraggio di farlo). Il fatto poi che la sarcoidosi abbia coinvolto anche i polmoni, passando quindi al secondo stadio e che continuavano a non farmi fare terapia a causa dei troppi farmaci che già assumevo, ha peggiorato le cose. E pensare che, chi vedeva il mio modo esuberante di parlare dei miei problemi aveva l’impressione che fossi una persona forte, tenace e piena di spirito, non c’era niente di più falso, in realtà ero solo un pessimo attore, bugiardo verso me stesso e soprattutto verso gli altri.
Poi finalmente grazie al supporto incondizionato della famiglia e ad un intuizione del medico curante, mi hanno convinto, con la scusa di partecipare ad uno studio universitario finalizzato a valutare gli effetti secondari a lungo termine nei soggetti portatori di patologie croniche gravi, ad entrare in contatto con medici specializzati in questo campo (tutto questo è avvenuto ad inizio 2015). Come era logico i medici si sono resi subito conto dello stato in cui ero e con una terapia farmacologica mirata sono riusciti a farmi intraprendere un cammino inverso rispetto a quello che avevo percorso fino a quel momento (un vicolo cieco). Ad oggi non credo di essere uscito definitivamente dalla depressione, ma non penso più alla morte, ho voglia di fare tante cose, se sono stanco mi riposo e poi riparto, mi piace stare a contatto con la gente, sono diventato molto più estroverso e soprattutto e cosa più importante di tutte, non posso fare a meno di dimostrare il mio affetto ai miei tre cuccioli e a mia moglie, alla quale va dato anche il merito di aver contribuito attivamente e concretamente a farmi uscire dalla situazione in cui ero.
Durante tutto questo periodo la sarcoidosi in modo più o meno silente ha continuato a tenermi compagnia. Dopo l’ennesimo controllo alla fine i medici hanno optato per l’ avvio di una terapia farmacologica immunosoppressiva (Metotressato) portandomi, con l’aggiunta di questa, ad assumere quotidianamente la media di quindici/sedici pillole. Tutto questo ha avuto come conseguenza diretta anche il fatto di dover monitorare frequentemente oltre alla coagulazione del sangue, anche la funzionalità epatica (il fegato è bombardato dagli effetti negativi/nocivi di più farmaci). Se non ci saranno cambiamenti significati, probabilmente nel medio periodo dovrò fare ulteriori accertamenti mirati ed invasivi che, visto il mio caso clinico, diventano complessi e rischiosi; tuttavia la cosa non mi preoccupa più di tanto in quanto l’affetto della famiglia, la competenza, umanità e umiltà dei molti medici con cui sono in contatto e la ritrovata voglia di vivere, mi stanno aiutando molto.
Riguardo alla sarcoidosi mi viene da dire che il vecchio detto “non tutti i mali vengono per nuocere” è verissimo perché grazie a questa malattia ho conosciuto molte persone nuove sparse per l’ Italia, con problemi anche più seri dei miei e, grazie a queste, non ho più avuto l’impressione di essere solo (e questa è una cosa importantissima).
Per concludere, come direbbe chi mi conosce bene, “coerentemente con il mio essere”, mi viene da dare a chi leggerà questa mia breve testimonianza un suggerimento: “la morte, che è l’unica cosa certa della vita, ci deve trovare vivi non già morti”; questa cosa l’ho sempre pensata ma prima, nel periodo della depressione, la dicevo d’impulso per sembrare forte, oggi la penso veramente e cercherò di metterla in atto fino alla fine.
Un ricordo speciale va a Vera S., una cardiologa che mi è stata tanto vicino durante la lunga degenza, che purtroppo un male incurabile ha portato via a soli 31 anni, probabilmente quando mi diceva che dovevo essere forte e di reagire, sospettava già di essere malata…. Ciao Vera.
Un abbraccio affettuoso a tutti.